Recensione di Asura: the City of Madness di Kim Sung-su.
C’è del marcio nella città di Asura. Uomini marci di violenza e di denaro.
Asura: the City of Madness di Kim Sung-su è un film folle, che spinge così tanto sulla follia dei suoi personaggi e delle situazioni raccontate da non temere d’uscire fuori strada.
Ridondante, sfacciato, sanguinolento, pulp oltre il pulp, ma non splatter, Asura: the city of madness è un film che satura gli occhi e la pazienza dello spettatore fino a risultare indigesto, in una spirale di uccisioni che, se nell’immediato divertono, sulla lunga durata si fanno quasi insopportabili.
Poliziesco cupissimo e noir non noir, il film Kim Sung-su, regista noto per The Flu e Musa, colpisce e aggredisce lo spettatore per la regia acrobatica e ad alta tensione, così come per la grande “esibizione” di sangue e mattanze, ma non per il plot, che rimane gracilino nonostante la prova di tutti gli attori sia di alto livello (e vi spicca incontrastato Hwang Jung-min). Il gusto dell’opera punta forte sul fumetto più spietato, con un finale che non disdegna di “citare” le più taglienti tragedie di Shakespeare. Richiamando in alcuni passaggi alla mente dello spettatore Old Boy di Park Chan-wook e L’assassina (The Villainess) di Jung Byung-gil, Asura: the city of madness non ne ha però la compiutezza, la solidità, il muso duro per ritagliarsi uno spazio nei ricordi di chi guarda. Tutto rimane in superficie, come il tanto sangue versato (inutilmente) sui pavimenti del film.