Recensione di Confessions di Tetsuya Nakashima.
Bellissimo, un capolavoro moderno. Non si può che cominciare così un discorso su Confessions di Tetsuya Nakashima, opera intrigante e spietata, coinvolgente e spiazzante, con un tocco registico riconoscibilissimo e un modo di trattare il concetto di “racconto” assolutamente unico.
Confessions può essere letto da vari punti di vista: quello sociale, intorno al tema del bullismo, dilagante tra i banchi di scuola giapponesi; quello cinematografico, intorno alla vendetta, tema principe di tanto cinema asiatico; quello narrativo, intorno a un trattamento del modus raccontandi più unico che raro, visto di rado nel cinema internazionale. E oltre a questi tre, potrebbero essercene altri, tanto è profondo e articolato il film in forma e contenuto. Tetsuya Nakashima struttura “discorso” e “racconto” del suo film intorno a racconti, confessioni (confessions), punti di vista differenti su uno stesso misfatto, tra vittime e assassini che si scambiano di casacca, ora confondendo e ora depurando le acque di una morte che merita vendetta. Confessions quindi, in certo senso, procede a ritroso, poiché tutto è già avvenuto e tutto è mediato dalle parole che si fanno racconto e immagine. Il senso di irreversibilità è tangibile e la vendetta, in questo caso della professoressa Moriguchi, si fa ancor più lunga, instancabile, inesorabile, anche grazie al costante e ripetuto uso del rallenti. I tempi si comprimono, quindi si allungano, come a voler quasi fermare lo scorrere delle lancette, le quali però, nonostante l’invenzione del genietto della classe, Shuya, non possono tornare indietro.
Il senso di straniamento che abbraccia tutto il film passa non solo da questo modus nella gestione del racconto, che va ben oltre le molteplici “versioni dei fatti” del più classico legal movie, ma anche nell’uso delle musiche, che senza preavviso né soluzione di continuità slittano da Bach a That’s the Way (I Like It) dei KC and the Sunshine Band a Last Flowers dei Radiohead. Lirismo, angoscia, senso di sospensione, paura. La giustapposizione di pezzi così distanti tra loro suscita le emozioni più varie.
Insomma, Confessions è un grandissimo film, che sconfessa molto cinema per come siamo abituati a conoscerlo, e che per questo meriterebbe di essere mostrato nei corsi di storia del cinema all’università.
Film bellissimo, i primi 20 minuti valgono da soli tutto il film.
Sì hai ragione. Ma tutto il film è un assoluto crescendo di tensione e grande cinema. Meraviglioso.