Recensione di Heaven: To The Land Of Happiness di Im Sang-Soo.
Scritta da Alessia Ronge.
Originariamente selezionato per il Festival di Cannes 2020, ma non proiettato a causa della pandemia, Heaven: To The Land Of Happiness ha ricevuto la sua prima mondiale alla serata d’apertura del Festival di Busan 2021. La pellicola di Im Sang-Soo ha quindi inaugurato la ventesima edizione del Florence Korea Film Fest alla presenza dello stesso regista.
Heaven: to the Land of Happiness, con protagonisti Choi Min-Sik (Old Boy, 2003) e Nam-sik (The Host, 2006), si rivela una proposta molto differente rispetto alle precedenti opere del regista, il quale ci aveva abituati a tematiche emotivamente e politicamente spinose e provocatorie con La moglie dell’avvocato (2003) e The Taste of Money (2012).
Nam-sik, gravemente malato, ha un’estrema necessità di medicinali che non può permettersi. Passa perciò da un ospedale all’altro rubando i farmaci dopo il lavoro per garantirsi la sopravvivenza. Dall’altra parte c’è il detenuto 203 che soffre di dolorosi mal di testa e convulsioni. Recatosi in ospedale per un controllo, gli viene diagnosticato un tumore inoperabile e annunciate poche settimane di vita. Decide così di scappare e a lui si unisce Nam-sik: insieme affronteranno un viaggio del tutto inaspettato.
Heaven: to the Land of Happiness è un road movie inusuale dove l’azione si unisce al dramma con toni però di grande leggerezza e umanità. Quest’ultimo aspetto è la sua cifra vincente, facendone un film estremamente mainstream, capace di adattarsi a una platea estremamente varia. Forse anche troppo. I temi affrontati strizzano soventemente e volutamente l’occhio al pubblico, facendolo ora ridere ora piangere. Ma non riescono ad andare del tutto a segno.
Nonostante vari difetti, la pellicola riesce a trattare temi ostici come la morte e la solitudine con estrema levità e umorismo. I due protagonisti sono ben descritti ed emerge tutto il loro lato poetico e ingenuo. Due anime solitarie che si ritrovano in viaggio, finendo per condividere “cocomeri” e le “sfumature noir” della vita. Ne consegue che ad essere messa in evidenza, con troppa facilità, è la bellezza mutevole e atroce della vita.
Nonostante la trama scontata e incentrata su tematiche già viste e su domande già poste, a salvarsi è il rapporto fra i due protagonisti. Quest’ultimi si conoscono e le loro psicologie si sviluppano con sfumature drammatiche, ironiche e talora ai limiti del surreale e dell’eroico.
La storia di amicizia e umanità, con accenni sentimentali, è quindi ben inserita in una trama d’azione che sa come far progredire la sceneggiatura. In conclusione, Heaven: to the Land of Happiness è film leggero con atmosfere tragicomiche, abile e furbo nel parlare di morte, redenzione, amicizia e voglia di evadere dalle proprie vite.