Recensione di La città proibita di Zhang Yimou.
Elegantissimo, spettacolare, dorato. Sono solo alcuni degli aggettivi “superlativi” che potremmo tirare in ballo di fronte alla bellezza de La città proibita di Zhang Yimou. Uno dei film più abbaglianti e meravigliosi, a livello visivo, della storia del cinema.
La città proibita apre le sue porte ad un tripudio di colori e luce, a coreografie belliche imponenti e impressionanti, che lasciano letteralmente senza fiato. Una cornice dorata per un quadro che racconta una “storia semplice”: un tentativo di tradimento alla corte dell’imperatore. Nella storia del cinema ce ne sono a dozzine di film, per lo più in costume, che trattano questo tema. Ma Zhang Yimou riesce a lasciare il segno in nome di un’estetica curatissima e rigogliosa, mai ridondante o pacchiana. E struttura il suo film su un doppio livello registico che fa ancora più risaltare la magnificenza della sua opera. Infatti, alterna momenti di grande stasi e gesti misurati, come è tipico di molte regole e riti di corte, a sequenze dotate di una spettacolarità che spinge verso l’action, ma senza mai spogliarsi di una eleganza sopraffina.
Dopo Hero e La foresta dei pugnali volanti, con La città proibita Yimou chiude la sua trilogia intorno al genere wuxia, meglio noto come “cappa e spada” cinese. Se già i primi due film lasciano a bocca aperta per la fulgida bellezza visiva, con questo film alza ancora di più l’asticella, toccando forse il massimo che si possa raggiungere senza (s)cadere nel “troppo”. Signorile e raffinato, La città proibita non perde mai il portamento garbato di una imperturbabile dama di corte.
Letteralmente imperiale in ogni suo aspetto, anche nell’uso delle musiche e nelle sequenze “volanti”, La città proibita è un grande film, che riempie gli occhi, non lasciandoci scampo di fronte a cotanta bellezza, esibita al massimo ma mai ostentata all’eccesso.