Recensione del film Maria di Pedring A. Lopez, disponibile su Netflix.
Anche le Filippine hanno la propria Gina Carano. Si chiama Cristine Reyes ed è Maria nell’omonimo film Netflix. Un’opera accattivante, che trascina via con sé cazzotto dopo cazzotto, collo rotto dopo collo rotto.
Si sa, se anche noi ci liberiamo del nostro passato, il passato non si libera di noi. E da un giorno all’altro torna a farsi sentire nel presente scardinando ogni apparente certezza costruita. Scatenando, il più delle volte, cinematograficamente parlando, un circolo di uccisioni e vendetta che non lascia scampo a nessuno. È quello che accade in Maria alla protagonista, ex temutissima assassina di professione che, a causa di un gesto di magnanimità nell’ultima missione prima del ritiro, deve dissotterrare l’ascia di guerra per vendicare la morte del marito e della figlioletta avvenuta per mano dei suoi colleghi di un tempo.
La trama è assolutamente delle più canoniche e non viene infiocchettata con nessun espediente di originalità. Ma la resa on screen è senza dubbio riuscita, efficace, pungente, con più di una sequenza che mostra l’abilità registica di Pedring A. Lopez. Tanta action, mescolando con le giuste dosi arti marziali e pura violenza fisica, che cresce e si fortifica sulla lunga distanza. Fiotti di sangue, cervella esplose, braccia stroncate come fossero grissini. Ce n’è abbastanza per soddisfare il palato di chi gode dei revenge movie. Con tanto di una palese, e ben realizzata, citazione di una delle più celebri sequenze di Old Boy di Park Chan-wook.