Outrage Coda di Takeshi Kitano: yakuza ultimo atto

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Scritto da Vanessa Forte.

È tornato. Nel terzo e ultimo capitolo della celebre saga, Outrage Coda, Beat Takeshi è tornato. E non ce n’è per nessuno.

Sono passati cinque anni. Il mitico Otomo, sopravvissuto al devastante conflitto tra le due famiglie criminali Sanno e Hanabishi, si gode una specie di “tranquilla” pensione lavorando per il signor Chang, un faccendiere giapponese, la cui influenza raggiunge l’isola sud coreana di Jeju, che nell’immaginario collettivo è costituita da vulcanici picchi sul mare, boschi, cavalli e mandarini, mentre nell’immaginario di Takeshi Kitano è fatta di banchine di cemento, casinò, armi e puttane. E sarà proprio un “incidente” con delle prostitute a scatenare nuovamente una feroce guerra per il controllo del vertice della famiglia Hanabishi. Otomo, il fedele yakuza, si vedrà dunque costretto a tornare in Giappone, per difendere la vita di Chang e sistemare, sempre a modo suo, definitivamente le cose.

La struttura narrativa di questo yakuza-eiga è una certosina ragnatela di intrighi e di macchinazioni dove i protagonisti si dibattono come tessere ben posizionate verso un effetto domino conclusivo innescato proprio dal protagonista Otomo, un malvivente demodé, incontrollabile e irrefrenabile poiché guidato solo dalle proprie regole e dal non pervenuto timore della morte.
Pur essendo meno violento e più ricco di dialoghi, Outrage Coda è come una bomba dalla lunga miccia. Com’è giusto che sia, raggiungerà la deflagrazione nel finale, quando Otomo, prima dell’ultimo, assoluto e definitivo gesto di rivolta “conservatrice”, pronuncia la frase “non è necessario, posso fare da solo”.

Le nuove generazioni hanno cambiato le famiglie yakuza. Assomigliano sempre più al mondo dell’alta finanza (non è un caso che uno dei capi della Hanabishi è un ex operatore di borsa e che i suoi sottoposti non si fanno più i tatuaggi rituali ma si tingono i capelli di biondo platino). Adesso la loro unica regola è il profitto e il cane mangia cane. Un mondo sul viale del tramonto, senza umanità, decoro e dignità, dove Kitano usa la violenza per mostrare il vuoto e la tristezza che vi stanno dietro e che lo permeano.

Outrage Coda è quasi la messa funebre per un intero genere, che si apre e si chiude vicino al quel mare tanto caro alla poetica di Kitano, messa in atto detraendo e facendo leva, per una volta, più sul cuore che sul sangue, dove egli volutamente richiama, in questo suo commovente, melanconico e magnifico addio, tante sue opere, come Sonatine nello sparo finale e persino Furyo nel corpo immerso fino al collo nel fango di una strada di campagna.

Tranquilli, non è un congedo definitivo, ma un arrivederci. Sappiamo già che la voglia e il bisogno di cambiare stanno facendo muovere il settantenne Kitano verso nuove rotte e nuove prospettive: un film di genere romantico.

Outrage Coda di Takeshi Kitano: yakuza ultimo atto ultima modifica: 2017-09-10T23:04:16+02:00 da Tommaso Tronconi

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