Poetry (2010) di Lee Chang-dong: la recensione

film di Lee Chang-dong Poetry

Come può la poesia raccontare la bellezza quando il mondo tira fuori il suo lato più oscuro e marcio? Come può il potere di una manciata di endecasillabi combattere contro la morte di una bambina e le nefandezze di cui è capace l’uomo?

Poetry di Lee Chang-dong è un grande film, complesso e lieve nel suo incedere inesorabile e doloroso. Vincitore del premio alla Miglior Sceneggiatura al Festival di Cannes 2010, Poetry è un piccolo miracolo del cinema orientale.

poetryLee Chang-dong scava tra le generazioni, tra vecchi appassionati di nuove cose da imparare e giovani spiaggiati nel non-sense del divertimento violento, tra donne sapienti e premurose e uomini pragmatici e gretti che non rinunciano ad un brindisi neanche nel bel mezzo di una drammatica riunione. Una contrapposizione di elementi che si fa forte sin dalla sequenza iniziale, da quel fiume che scorre placido e gorgogliante (la poesia) macchiato dal corpo esanime di una ragazzina (la realtà). Poetry offre lo spaccato attento di una società e di una donna pura che in essa si trascina controvento e contro-natura. La performance della protagonista, Yun Jeong-hie, è da premio Oscar. Dolore, affetto, umanità e disprezzo scorrono nel suo viso, nei suoi movimenti, nel suo portamento. Sotto quel cappellino estivo ed elegante, in quel corpicino esile e minuto si nasconde un personaggio statuario, un modello di moralità e di forza interiore.

La regia accompagna la narrazione con passo delicato, presente ma mai invadente, empatico ma allo stesso imparziale. Lee Chang-dong lascia alla storia e ai personaggi il compito di “ciceroni” dello spettatore, che si appassiona facilmente alla vicenda fino ad amarla e viverla anche nelle pieghe più spigolose.

Insomma, Poetry è una poesia visiva di grande lucentezza, che avvolge e chiama a sé come i versi di un componimento struggente.

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Poetry (2010) di Lee Chang-dong: la recensione ultima modifica: 2015-05-29T19:19:14+02:00 da Tommaso Tronconi

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