Recensione di Swing Kids di Kang Hyung-cheol.
Nel ballo, come nella musica, è fondamentale l’armonia. Tra ballerini, violini, note musicali, orchestrali, passi di danza. Armonia che è sinonimo di sincronia e coralità. Swing Kids fallisce su questo aspetto, l’armonia delle sue varie parti e registri, toni e umori, in un pastiche che è un mezzo pasticcio di elementi male incollati tra di loro. Il film di Kang Hyung-cheol è slegato, nonostante le singole parti, prese a sé, siano compiute.
Ambientato nel 1951 nel campo di prigionia di Geoje, Swing Kids racconta della creazione, da parte del sergente Jackson (Jared Grimes), di un improbabile quanto simpatico team di ballerini. Intorno a lui troveremo Ro Ki-soo, nordcoreano duro fuori ma tenero dentro, Xiao Pang, panciuto cinese dall’agilità invidiabile, Kang Byung-sam, che vuole raggiungere la celebrità per ritrovare la moglie, e Yang Pan-rae, giovane poliglotta dal carattere tenace. Nel nome del tip tap, nell’unione troveranno la loro forza.
Film d’apertura del 17esimo Florence Korea Film Fest, Swing Kids da un lato dimostra l’innato, puro e sfacciato coraggio del cinema coreano nell’accostare tra loro due tipologie di film così distanti come il musical e il war movie, dall’altro quest’indomabile desiderio di “mischiare le carte” dei generi lo conduce ad un esito finale sfilacciato, poco curato nei nessi di causa-effetto, gracilino a livello di tenuta della sceneggiatura. Ed è un peccato perché nelle sue singole parti Swing Kids funziona, diverte, coinvolge, anche impressiona quando sono la violenza e il sangue a riempire lo schermo. Le sequenze di ballo sfrenato sono energiche, rocambolesche, appassionanti per chi guarda. Ma se, come dicevamo, l’unione fa la forza del manipolo di protagonisti, la stessa sorte (purtroppo) non tocca al film, che tra tanti colori, numeri artistici e siparietti che suscitano sinceri sorrisi, si smarrisce come su un palco troppo grande.