The Fortress: quella battaglia di 47 giorni che segnò la Storia coreana

lee byung hun nel film the fortress

I film storici in costume sono uno dei più solidi e apprezzati pilastri del cinema coreano. Lo sono da sempre. E il cinema made in Korea, forte del successo garantito al botteghino e della necessità di continuare a scandagliare e rappresentare sul grande schermo il proprio passato, non esita a rivisitare ogni singola storia della grande Storia della dinastia di Joseon. The Fortress di Hwang Dong-hyuk, intrepretato da assolute star di richiamo come Lee Byung-hun, si inserisce in questo filone. Con una specifica peculiarità: il lato introspettivo, a tratti filosofico, della scelta che separa la resa dal riscatto, la vita dalla morte, l’azione alla degenerazione.

Siamo nel 1636. La dinastia Qing attacca il regno del sovrano Injo, che per sfuggire si ritira, con quel che resta delle sue truppe armate, in una fortezza isolata nel nord del Paese. La scelta è ardua: cedere all’invasore o resistere a oltranza? Intanto il gelo e la fame decimano il popolo coreano. Il re cerca la migliore soluzione, ma i suoi consiglieri sono divisi sul da farsi: il Ministro Choi spinge per ottenere una pace dignitosa con l’invasore, mentre il Ministro Kim non vuole chinare il capo ai barbari. Chi l’avrà vinta?

The Fortress si divide narrativamente in due, specularmente alla scelta che il re e la sua corte devono prendere: alterna in modo pressoché regolare sequenze di consulto privato a sequenze di battaglia sul campo, dove le prime sono il cuore del significato del film e le seconde servono a intrattenere lo spettatore. Da questo punto di vista, pur con qualche lentezza, dovuta più che altro all’eccessiva durata, The Fortress riesce a salvarsi, ad arrivare tutto intero, anche se un po’ acciaccato, al bel finale, stranamente amaro e “diversamente” epico per il genere. Le scene di guerra, pur brevi e spezzettate lunga la linea narrativa, sono d’impatto. Si vede come il cinema coreano debba molto al cinema americano, si sente molto il Ridley Scott de “Il Gladiatore” e “Robin Hood”, ma allo stesso c’è personalità nell’uso di piani sequenza che palesano le ottime capacità di Hwang Dong-hyuk come “direttore” di scene a dir poco corali, con molte comparse. A legare i due piani ci pensano le musiche di Ryuichi Sakamoto, compositore anche per Revenant – Redivivo di Alejandro Gonzalez Inárritu, film che in The Fortress riecheggia nella fotografia plumbea e fredda.

Insomma, The Fortress regge all’impatto con la sala, dimostrando ancora una volta come, nel genere storico in costume, i coreani, almeno per questi primi anni Duemila, siano praticamente imbattibili.

The Fortress: quella battaglia di 47 giorni che segnò la Storia coreana ultima modifica: 2018-03-24T14:40:50+01:00 da Tommaso Tronconi

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