Una ricca famiglia altoborghese, una domestica fonte del peccato, un marito fedifrago, il disfacimento etico e umano dell’intero gruppo. Questi gli elementi di The Housemaid (2009) di Im Sang-Soo, film destinato a diventare un vero e proprio cult sulla mancanza di morale e moralità tra gli squali della finanza e gli uomini d’affari dell’high society coreana divorata dai vizi del denaro e del sesso.
The Housemaid, frutto di una delle più fervide menti della Nouvelle Vague coreana, va oltre il remake del film datato 1960 e diretto da Kim Ki-young. Infatti, siamo di fronte ad una rilettura in piena regola del caposaldo del cinema coreano. Se nella versione originale la giovane e gentile Euny era predatrice, nella versione di Im Sang-soo diventa preda timida e indifesa che non può far altro che assecondare i desideri sessuali del padrone. Ma il riscatto è sul ballatoio e Euny lo afferrerà finendo per conformarsi alle mostruosità imperanti nella villa che le ha dato alloggio, lavoro, condanna. Un animo lindo e puro macchiato dal lerciume morale di chi risolve i problemi col nocivo disinfettante della vendetta.
The Housemaid, calato in un ambiente marmoreo e regale dominato da una forte opposizione tra bianchi e neri, è un kammerspiel torbido che, seppur trainato dalla magnifica interpretazione di Jeon Do-yeon, coinvolge pian piano, senza però riuscirci realmente. L’opera, infatti, rimane ancorata a quella stessa noia vaga(nte) e asettica che contraddistingue la quotidianità all’interno della villa. Pur con una sottile e manifesta aura di terrore strisciante su e giù dalle scale (snodo centrale della casa e della vicenda), resta alla base di tutto un certo realismo, rotto solamente da un finale di pazzia con guy fawkes umano impiccato al lampadario e un piano-sequenza con salottino all’aria aperta che fa capolino sul grottesco.
Guarda il trailer del film: