The night I swam di Damien Manivel e Igarashi Kohei: recensione

The Night I Swam

Recensione di The night I swam di Damien Manivel e Igarashi Kohei.

Non si ode una parola in The night I swam. Sentiamo rumori (l’arrivo del treno, i passi nella neve, ecc.) e suoni umani indistinti, come voci lontane, agglomerati di borbottii e gemiti. Ma non parole chiare, non dialoghi che articolino frasi di senso compiuto. Nessun dialogo, solo immagini. The night I swam, come suscita il titolo stesso, nuota tra suoni e rumori per raccontarci l’avventura di un piccolo giapponese, un disegno e un padre andato a lavorare.

Siamo di fronte ad un film affascinante, lirico, poetico. Uno sguardo puro e semplice (nel senso più nobile del termine) dal punto di vista di un bambino, solo, distratto, sonnacchioso, senza paura. Un film sulla libertà dell’infanzia, sul sapore dell’innocenza, un’odissea minimalista alla ricerca del genitore. Una storia di formazione su piccola scala, su quella fase della tenera età in cui tutto è scoperta, curiosità innata e coraggiosa.

Sulla lunga durata, però, The night I swam pare tirare troppo la corda di un’autorialità forzata, ostentata, da esercizio di stile che conduce a poco. È così che il grande potenziale espressivo, visivo e registico del film si perde dietro una sceneggiatura praticamente inesistente. La scelta, sicuramente interessante, di eliminare le parole non è compensata da un’immagine filmica semanticamente ricca. Alcune scene possono apparire belle come paesaggi magici, ma alla fine si dimostrano convenzionali e prive di una vera e definita identità. Diretta conseguenza è che un promettente esperimento filmico si traduce e riduce ad una mera raccolta di momenti cinematograficamente troppo semplici e anche un po’ banali.

The night I swam di Damien Manivel e Igarashi Kohei: recensione ultima modifica: 2021-10-19T15:33:10+02:00 da Tommaso Tronconi

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