Nomen omen. The Shameless di Oh Seung-uk è un noir senza vergogna, senza pudore, ma soprattutto senza rispetto nei confronti dello spettatore.
Fra i vari generi cinematografici, il noir, si sa, è forse il più difficile di tutti. Uno di quelli che o lo si sa fare bene o è meglio lasciar perdere, perché ogni elemento deve essere calibrato con estrema precisione.
Un noir che si rispetti ha dei must da rispettare: una dimensione d’inchiesta, un’ambientazione urbana e metropolitana, forti chiaro-scuri alla fotografia, ma soprattutto dei personaggi ben definiti nelle psicologie, con (più di) un pizzico di torbidezza. E non basta buttare lì un detective e una femme fatale se dietro la silhouette sono privi di sostanza caratteriale.
Purtroppo questa vacuità avvolge The Shameless di Oh Seung-uk, che torna dietro la macchina da presa quindici anni dopo il suo film d’esordio, Kilimanjaro (2000). Tre lustri (di riflessione) che sono serviti a poco, anzi pochissimo, visto il risultato ottenuto.
Presentato al Festival di Cannes 2015 nella sezione “Un Certain Regard”, The Shameless è un film privo di spina dorsale, scialbo, sfuggente. Sul grande schermo un triangolo amoroso con protagonista un poliziotto che s’invaghisce dell’amante del criminale a cui sta dando la caccia. Per avvicinare il malfattore, il tenente Jung Jae-gon si avvicina sempre di più alla donna, Kim Hye-kyung, fino a rimanerne sentimentalmente prigioniero.
Un plot classico, dunque, che però suscita sempre un certo fascino. Peccato che la regia non sappia gestire personaggi, situazioni, psicologie. Le prove recitative, così come le atmosfere, rimangono insignificanti se non inesistenti. E qui sta il vero problema di The Shameless: l’atmosfera. Perché il genere noir è principalmente sceneggiatura e atmosfera. Laddove manca la prima, dovrebbe sopperire la seconda. In The Shameless mancano entrambe, ma soprattutto il mood, tanto che il noir sconfina presto nella noia, tiepidamente ravvivata da un paio di scazzottate.
Lascia sconcertati anche la prova della protagonista, ossia la principessa del cinema coreano, Jeon Do-yeon, piatta e inespressiva dall’inizio alla fine, incapace di sedurci come un tempo (si pensi a The Housemaid del 2010).