Thirst di Park Chan-wook: “vampire movie” ai limiti della provocazione

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Il prete che divenne cavia medico-scientifica, la cavia che divenne vampiro assetato, il vampiro che divenne folle amante. Uno spunto di base che, con fare dissacrante e a briglia sciolta, mischia e sconvolge sacro e profano, umano e disumano, reale e draculesco. Thirst di Park Chan-wook è un film incredibile, per stomaci forti, cuori d’acciaio e animi non proprio puritani.

Va in scena una storia tanto inusuale quanto geniale, provocatoria e morbosa, come solo il cinema può e sa fare mescolando input e generi tra i più diversi. Sang-hyun è un sacerdote devoto e amato dalla sua comunità che accetta di prestarsi ad un esperimento medico per testare il vaccino contro un virus letale. Ma qualcosa va storto. Il reverendo muore, poi si risveglia e scopre di essere un vampiro. La disperazione ha il sopravvento, ma presto s’invaghisce di una giovane donna. Una storia d’amore molesto e sesso morboso, che lo porta ad infrangere i suoi voti di celibato e castità.

Liberamente ispirato a Teresa Raquin di Emile Zola e vincitore del Premio della Giuria a Cannes 2009, Thirst è un film davvero scioccante. Fa dell’eccesso e dell’iperbole il suo stendardo, come di chi non è mai sazio di spudorata provocazione. Il pungolo fetish e sanguinoso colpisce ad libitum, e se prete e “consorte” non sono mai satolli di globuli rossi, dopo un po’ lo è lo spettatore, che giunge ai titoli di coda piuttosto sfinito.
Una love story mai vista prima, che rinasce a vita nuova (vampiresca) tra sacche di sangue e flebo succhiate con avidità, voli danzanti e atterraggi leggiadri, mani strette al collo e gomiti spezzati.

A dir poco spinte e al limite del fastidio fisico sono le molteplici bed scenes, scene di sesso, che costellano la pellicola. La giovane Tae-ju provoca e Sang-hyun non disdegna, finendo così distesi e nudi nel retro di una bottega, su di un letto umido come l’oceano o su quello di uno spettrale e cupo ospedale.

A livello registico, Thirst è la summa dei tratti peculiari di Park Chan-wook: spettacolari movimenti di macchina, montaggio serrato, cesure e tagli improvvisi, fusione di registri e toni diversi nei dialoghi.
Svariate le scene che lasciano il segno. Su tutte, la sequenza stra-fetish nella quale lui, inginocchiato, lecca le dita dei piedi di lei, che a sua volta “degusta” falangine e falangette delle mani del suo amato.

Thirst di Park Chan-wook: “vampire movie” ai limiti della provocazione ultima modifica: 2017-02-06T11:00:23+01:00 da Tommaso Tronconi

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