Train to Busan di Yeon Sang-ho è senza dubbio uno dei film più chiacchierati dell’anno. Fuori concorso all’ultimo Festival di Cannes, dove si è aggiudicato lo slot della proiezione di mezzanotte, è un’opera in cui è l’intrattenimento a far da padrone. In merito a suspense e action il cinema coreano si conferma uno dei più palpitanti a livello internazionale, anche grazie ad effetti speciali di altissima fattura.
L’idea è la più semplice del mondo: stipate dozzine di zombie impazziti nelle carrozze di un treno diretto a Busan e fateli combattere con i comuni mortali. È così servito un survival movie in piena regola in cui, un po’ come ai tempi di Highlander, di umani ne rimarrà solo uno (o quasi).
Train to Busan sfreccia dritto e veloce, inarrestabile, conoscendo pochi rallentamenti. Ha chiaro il suo obiettivo: divertire lo spettatore. E ci riesce alla grande, sin dalla primissima sequenza. Ma non chiedetegli approfondimenti psicologici dei personaggi, perché non ne avrete, al regista Yeon Sang-Ho questo proprio non interessa. Ed è grassa se non ci troviamo subito in medias res. Infatti, i primi dieci minuti (ed è già tanto!) sono dedicati a presentare, anzi ad accennare, chi sono i personaggi (non mancano all’appello un padre stakanovista, una donna incinta, due liceali in innamoramento non ancora confessato).
Train to Busan ha stabilito il record di primo film coreano del 2016 ad aver superato i 10 milioni di spettatori al cinema. Da un certo punto di vista gli piace vincere facile. Non solo perché uno zombie movie in salsa orientale fa gola ad ogni tipo di spettatore, ma anche perché sono svariati gli attoroni coreani che non hanno rinunciato a salire su questo treno per eldorado. Tra i vari divi o divi in progress figurano: il bello di turno Gong Yoo, il simpaticissimo Ma Dong-Seok, il “divo di domani” Choi Woo-Sik. Nomi che hanno fatto breccia soprattutto nel pubblico più giovane, che ha affollato le sale.
Dunque è un successo meritato? Direi di sì. Il film diverte e coinvolge a tappe forzate, pur concedendosi qua e là qualche breve momento romantico/introspettivo, fino a giungere ad un finale che tiene col fiato sospeso fino all’ultima manciata di secondi.