Yellow cat di Adilkhan Yerzhanov: recensione film

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Recensione di Yellow cat di Adilkhan Yerzhanov.

Un piccolo grande film cinefilo. Proprio come il suo protagonista, Kermek, un ragazzo affetto da un leggero ritardo mentale, fan sfegatato del film Le Samourai (in Italia Frank Costello faccia d’angelo) di Jean-Pierre Melville con Alain Delon, che si è messo in testa di aprire un cinema. Ci proverà dopo che gli è piovuta tra le mani una scatola piena di soldi e dopo aver incontrato Eva, una giovane prostituta matta quanto lui.

Yellow cat è un film semplicissimo che vive dei sogni in grande di un personaggio al quale si può solo voler bene. In concorso nella sezione Orizzonti di Venezia 77, un’opera che suscita non poca simpatia, capace di inanellare una buona serie di sketch divertenti, i quali però non nascondono una certa sottesa intelligenza.

Yellow cat si ciba poi dei paesaggi pianeggianti, aridi, apparentemente sconfinati di un Kazakhistan senza tempo, quasi da fiaba. La regia di Adilkhan Yerzhanov lascia spazio alle prove degli attori come sul palcoscenico del teatro dell’assurdo, con gran parte delle inquadrature a macchina fissa, intervallate da lentissimi zoom o carrelli in avanti.

Yellow cat è quindi un film piccolo piccolo ma dal cuore grande come una multisala, che incuriosisce scena dopo scena, cosciente della propria innata e genuina semplicità, che stavolta si rivela la carta giusta per arrivare alla sensibilità dello spettatore.

Yellow cat di Adilkhan Yerzhanov: recensione film ultima modifica: 2021-12-11T18:27:59+01:00 da Tommaso Tronconi

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